Le notti difficili dell'avvocato penalista

Editoriale
“L’altroPenale” come se, di quel diritto, non ce ne fosse già abbastanza o qualcuno avesse la pretesa di parlar di qualcosa di nuovo. Diciamo subito la verità, cosa, invero, sempre meritoria per un avvocato: oggi, on line, ci sono già moltissime pagine che consentono un ottimo aggiornamento professionale e pubblicano commenti alle più disparate sentenze o alle evoluzioni della normativa. A dirla tutta c’è talmente tanto diritto sul web che un avvocato potrebbe anche fare a meno della vecchia banca dati, quella venduta dalle major del settore, per intenderci.
E, allora, per quale ragione aprire un blog, l’ennesimo, di diritto? C’era davvero bisogno di aggiungere un’altra pagina alle mille e più già presenti? E, poi, perché proprio “L’altroPenale” come se, questo blog, dovesse occuparsi di un diritto nuovo o diverso rispetto a quello che pratichiamo, tutti i giorni, nelle aule di giustizia?
La risposta è semplice. “L’altroPenale” nasce dalla esigenza di occuparsi anche di “cose piccole”, quotidiane, spesso circoscritte alla realtà di un singolo Foro. Per certi versi si potrebbe anche dire che “L’altroPenale” è una pagina che non ha grandi pretese: non si occupa dei massimi sistemi, non si schiera pro o contro la separazione delle carriere, non fa politica, non rappresenta nessuno se non i tre amici che hanno deciso di imbarcarsi in questa avventura.
“L’altroPenale”, però, cercherà di rispondere a quelle che sono le domande che un avvocato si fa, tutte le mattine, quando entra in studio e che, ovviamente, non sono mai come nei film americani: “Il mio cliente verrà assolto?” o “Avrò giustizia?” ma “Come faccio a depositare un appello se la cancelleria non risponde al telefono e nessuno mi ha dato la visibilità sul maledetto portale?”. Ecco, di questo, si parlerà principalmente: di cose pratiche, ma che costituiscono il nostro pane quotidiano e, soprattutto, le nostre notti difficili. E, poi, Monsagrati si è anche stufato di rispondere, tutto il pomeriggio, alle telefonate dei colleghi che gli chiedono le cose più disparate sulla professione, nessuna, ovviamente, attinente alla laurea in legge che, persino lui, prese, molti anni fa, all’università di Urbino.
Ci occuperemo anche di qualche pronuncia interessante? Sì, certo, perché là fuori – lasciatemelo dire - è un gran casino e, comunque, studiare serve sempre, soprattutto quando sembra che non serva a niente. E segnaleremo anche qualche novità – certo – visto che, sempre più spesso, si susseguono cambiamenti che ci tolgono le poche certezze che ci eravamo costruiti in anni ed anni di professione. Quando penso a questo periodo storico mi torna sempre in mente la mia prima lezione di filosofia al liceo. Il professore lesse un brano da “Il sofista” di Platone; un brano che raccontava lo smarrimento di un popolo di fronte al cambiamento: “Un tempo conoscevamo il significato dell’essere, ora invece siamo in dubbio”. Anche noi avvocati oggi siamo in dubbio soprattutto di fronte ad un codice di procedura che cambia per intervento di un oscuro (e mai votato) funzionario del Ministero che si occupa, in maniera discutibile, di informatica e dei suoi derivati.
Il diritto è un sistema, non troppo diverso da quello che Primo Levi pensava di trovare nella tavola periodica o nelle mirabili ossidoriduzioni della chimica inorganica. Un sistema per leggere il mondo e regolare i rapporti tra le persone. Ma il diritto è anche un sistema che si è complicato troppo negli ultimi anni, che è sempre in ritardo su tutto e tutti e che, a volte, sembra fatto apposta per non funzionare: un alibi di gran classe per nascondere la nostra democratica impotenza. Sono anni di grandi cambiamenti, questi, e, come sempre, le cose non miglioreranno. Non fatevi illusioni. Al peggio, in questo Paese, non c’è mai fine. Una sorta di entropia della mediocrità rischia di farci omologare, sempre e comunque, al livello più basso, mai a quello più alto. L’età delle rivoluzioni, però, è finita così come quella dei grandi ideali e, poi, quella che ha segnato la fine degli ideali, e noi, oggi, non possiamo che cercare di capire, orientarci e resistere. Ecco, oggi, l’avvocato resiste. Questo fa, tutti i santi giorni, quando entra in ufficio.
Due parole, tradendo un po’ di imbarazzo, sui miei compagni di avventura.
Il primo, Marco D'Agnolo, è la mente giuridica più profonda, attenta ed umana che conosco e della sua conoscenza occorrerà approfittarne tutti. Sarà lui il “direttore scientifico” di “L’altroPenale” quello che si prenderà la briga di controllare che nessuno scriva cose troppo inverosimili su queste pagine.
L’altro, Andrea Casula, è un vecchio compagno del liceo, oggi avvocato abilissimo, e ha tutte quelle doti che gli ho sempre invidiato: razionale, intuitivo, educato e, soprattutto, latore di bellissime cravatte.
Quanto a me, scriverò quello che posso – quando posso - e, se Dio vuole, ogni tanto cercherò di mettere il diritto dentro la vita reale o la letteratura (che poi è la stessa cosa) anche perché, altrimenti, tutte queste norme, a che servono?
Vediamo cosa salta fuori da questo blog. Forse tra un anno avremo già chiuso questa pagina, forse no. Male che vada, comunque, potremo sempre dare la colpa a noi stessi e tornare a farci una buona birra in via Cavour dove l’idea di questa pagina è nata. Davanti ad una doppio malto, ovviamente.
Settembre 2025
Avv. Andrea Monsagrati