CON IL COMPUTER RISOLVO UN SACCO DI PROBLEMI CHE PRIMA NON AVEVO
- Redazione L'altro penale
- 7 giorni fa
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Aggiornamento: 6 giorni fa

Quousque tandem abutere, Catilina, patientia nostra? Ossia: è sufficientemente definito e in linea con i principi generali dell'ordinamento il sistema di deposito degli atti tramite PDP?
1) Premesse
La questione nasce da un caso che sarà capitato a molti di noi. Che cosa si fa se la cancelleria rifiuta l’impugnazione depositata tempestivamente sul portale, e il rifiuto sopraggiunge dopo che sono spirati i termini per (provare a ri)proporla?
Inviamo gli atti su questo “robo” dall’utilità a tutt'oggi inspiegata, che si chiama Portale del Deposito degli atti Penali (PDP) – “frutto avvelenato” degli impegni presi dall'Italia con l'UE per accedere ai fondi del PNRR –, e lui genera, solitamente (cioè se il sistema non è bloccato quando proviamo ad entrare, o non si blocca in corso d'opera1), una ricevuta di avvenuta consegna: o meglio, testualmente, di “corretto invio”.
Succede, tuttavia, che nonostante ciò l’atto resti “in transito” o, successivamente, “in verifica”, in attesa che la cancelleria lo lavori e fornisca un'ulteriore ricevuta, questa volta, di accettazione e/o di rifiuto del deposito. Sarà sicuramente capitato a molti di scoprire, dopo qualche giorno, che la cancelleria – per ragioni che nella migliore delle ipotesi vengono spiegate da una sconosciuta funzionaria che risponde cortesemente al telefono e, in altri casi, restano del tutto ignote – sia stata “costretta” – e qui le virgolette sono obbligatorie – a rifiutare l’atto che abbiamo depositato tramite il Portale.
Insomma, ci troviamo con in mano una ricevuta generata dal PDP che attesta il corretto invio, da parte nostra, dell'atto, ma quest'ultimo alla fine viene rifiutato dalla cancelleria; e capita anche che prima ancora che arrivi alla cancelleria lo rifiuti direttamente il sistema informatico del Ministero.
Si pone, a questo punto, un problema che, fino a qualche tempo fa, non si poneva mai, secondo il famoso adagio per cui “con il computer si risolvono molti problemi che prima non avevamo”; un problema che può diventare drammatico se il deposito è soggetto ad un termine previsto a pena di decadenza e, quindi, massimamente, se l'atto in questione è un'impugnazione.
Come si vedrà nel prosieguo, il rifiuto dell’atto da parte del sistema informatico e/o della cancelleria, crea una nuova causa di – non sappiamo neppure come definirla – inesistenza, o inammissibilità, o irricevibilità prettamente informatica dell’atto, con ricadute gravissime sul processo e sul nostro lavoro. Sicché, viene anche da chiedersi quale sia il “tasso di legalità” di tutto il sistema, ed è possibile che la risposta, indicativamente, alla fine non rassereni per nulla.
Andiamo con ordine.
2) L'opaco fondale normativo
Quando il mondo del diritto non era ancora stato sopraffatto dall'ossessione telematica causata dal Covid, una volta che avevamo portato in cancelleria la richiesta di riesame, l'opposizione, l'appello o il ricorso, e il funzionario aveva apposto il timbro sull’originale (e, a pagamento, sulla nostra copia, per attestazione a futura memoria), l’impugnazione, fondata o infondata che fosse, tempestiva o meno e formalmente corretta o invece priva dei requisiti prescritti (ovverosia, persino se destinata ad essere dichiarata inammissibile), risultava comunque ritualmente depositata.
Oggi non è più così.
Basta leggere il provvedimento dell'11 luglio 2023 del DGSIA, contenente le disposizioni relative al deposito telematico degli atti penali di cui all'art. 1 d.m. Giustizia 4 luglio 20232, o, anche, il Manuale utente del PDP, nell'ultimissima versione del 22 luglio 2025 (pag. 43 e ss.)3, per rendersi conto di come un'operazione che, in formato cartaceo, era semplicissima, sia stata pericolosamente frazionata in più segmenti.
Il risultato è perverso: come si è accennato, contrariamente a quel che verrebbe da credere, l’invio dell’atto al Portale NON significa ACCETTAZIONE dello stesso. E questo, paradossalmente, nonostante proprio il suddetto provvedimento DGSIA – all'art. 7, comma 2 – parli, generando una evidente confusione non solo terminologica ma pure di aspettative, di «ricevuta di accettazione del deposito».
La stessa norma, aggiunge – al comma 4 – che «il difensore può verificare lo stato del deposito accedendo al PDP», e da un punto di vista logico sembra una indicazione incoerente rispetto alla prima: se ho una ricevuta di “accettazione” perché mai devo verificare lo stato del deposito? Ma, come detto, in realtà la ricevuta che il sistema rilascia è solo di “corretto invio”, perciò l'invito a verificare lo stato del deposito si rivela per quel che è davvero, vale a dire, un monito: attenzione, in cauda venenum.
Le ultime specifiche relative alle regole tecniche per i depositi telematici nel processo civile e nel processo penale, emesse dal DGSIA il 2 agosto 2024, pubblicate il 7 agosto 2024 e in vigore dal 30 settembre 20244, ripetono sostanzialmente le stesse cose (art. 19), pur aggiungendone una importante, e cioè che, a seguito dell'invio, se l’atto è un PDF nativo firmato digitalmente, se il numero del procedimento e l’anno coincidono con quelli del ReGeWEB, se i dati anagrafici della parte rappresentata dal difensore sono corretti, ed è stato inviato, quando previsto, l'atto abilitante, l’accettazione del deposito è, almeno in teoria (e vedremo, di qui a poco, perché “in teoria”), AUTOMATICA, in quanto avviene «senza intervento degli operatori di segreteria e di cancelleria» (art. 19, comma 9).
In buona sostanza, in presenza delle citate condizioni l’invio dell’atto coincide con l’accettazione dello stesso.
Si tratta di una novità doverosamente introdotta del Ministero, ma non fuga tutti i dubbi e le incertezze di cui stiamo discutendo.
Infatti, la circolare del DGSIA del 6 settembre 20245, relativa alle suddette specifiche tecniche del 2 agosto 2024, precisa, a proposito dell'accettazione automatica, che «sia nei sistemi civili che in quelli penali è stata prevista l'accettazione automatica dei depositi di atti e documenti, che siano stati effettuati dai soggetti abilitati esterni, salvi i casi di anomalia bloccante, ovvero quelli in cui è necessario l'intervento degli operatori di cancelleria». Non di meno, mentre, a seguire, la circolare indica quali sono le possibili anomalie previste per i procedimenti civili, per quelli penali non fornisce lumi.
Né sono d'aiuto la circolare DGSIA del 19 settembre 2024 (nota riassuntiva delle modifiche ai sistemi informatici)6 e il vademecum elaborato dalla Fondazione per l'informatica e l'innovazione forense del CNF (FIIF) su «Le novità nel Processo Penale Telematico introdotte dalla Specifiche Tecniche di cui al Provvedimento DGSIA del 2 agosto 2024»7.
In tali documenti si legge, con parole sostanzialmente equipollenti, che «In concreto, a partire dal prossimo 30 settembre, a seguito dell'invio da PDP di un atto difensivo nativo digitale, i sistemi riceventi degli uffici giudiziari (APP e ReGeWEB) verificheranno in modo automatico la corrispondenza tra i dati inseriti sul portale dall'avvocato e i dati valorizzati nei registri di cancelleria. (…) A fronte del riscontro positivo (...) il deposito verrà automaticamente accolto dal sistema, e quindi gli atti digitali di cui si compone verranno acquisiti direttamente nel fascicolo informatico. Si precisa che l'avvocato riceverà immediata notizia dell'avvenuta accettazione senza che sia necessaria alcuna attività da parte degli operatori degli uffici giudiziari». In caso di esito negativo dei controlli automatici, invece, «il personale amministrativo dovrà procedere alle verifiche preliminari e di conseguenza all'accettazione c.d. manuale o al rifiuto del deposito, con le consuete modalità. (...) Si precisa che, allo stato [locuzione temporale di cui non sfugge una certa vaghezza, che il vademecum FIIF traduce con «Almeno in una prima fase»], non saranno accettati automaticamente, ma resteranno lavorabili con le funzionalità in essere, i depositi che necessitano della c.d. “conferma ricezione”, ossia i depositi diretti verso le corti d'appello, le procure generali, i tribunali della libertà, gli uffici del GIP e del Giudice di pace circondariale, nei casi in cui la lavorazione del deposito debba avvenire attraverso l'utilizzo di questa funzionalità».
Rileggendo il tutto d'un fiato, vien da dire che chi ci capisce è bravo.
Il linea astratta, l'anomalia bloccante che impedisce l'accettazione automatica del deposito effettuato tramite PDP dovrebbe consistere in una incoerenza tra i dati del fascicolo o i dati anagrafici dell'assistito inseriti dall'avvocato nel Portale al momento del deposito dell'atto, da un lato, e quelli presenti nei registri informatici della procura o del tribunale destinatari del deposito, dall'altro.
Forse, però, non è proprio così, o non è solo così; e soprattutto, è difficilissimo capire se sia o non sia effettivamente così.
Basti pensare che – ci sembra – una simile incoerenza può riguardare, al più, il deposito della nomina, perché una volta che un dato fascicolo è nell'elenco dei “procedimenti autorizzati” del difensore, gli ulteriori depositi si effettuano per ciascun singolo fascicolo, dopo averlo selezionato, con il comando “deposita atto successivo”. Quindi, quale anomalia bloccante dovrebbe mai verificarsi?
E invece si verificano. Ergo, non dipendono (solo) da una ipotetica incoerenza tra i dati che il difensore inserisce e quelli registrati nel sistema, ma (anche?) da altro, dal momento che quando si effettua un “deposito successivo” i dati li fornisce direttamente il PDP e non possono essere sbagliati (almeno in teoria, come si diceva prima: sono noti, e non isolati, per esempio, casi in cui, azionato il comando “invia”, compare un messaggio che – sorprendentemente – avvisa che non esiste un fascicolo con la numerazione indicata, presso l'ufficio giudiziario selezionato; o casi in cui, per reati distrettuali, in fase dibattimentale il PDP, forse ingannato dal numero di R.G.N.R. della D.D.A., inoltra di default l'atto al tribunale del capoluogo del distretto e non a quello territorialmente competente che sta procedendo).
E ancora, prendiamo atto che in una prima fase ("allo stato"), la cui durata è (volutamente?) indefinita, l'accettazione automatica non opererà rispetto agli atti – indirizzati, tra gli altri, a GIP e tribunale della libertà (non è poca cosa) – il cui deposito richiede la “conferma di ricezione” (e di quali atti si tratta?). Qui è tutto fumosamente nelle mani dei funzionari di cancelleria.
Andiamo avanti, e vediamo se il quadro migliora.
3) Il percorso a ostacoli dell'atto depositato telematicamente (e del diritto di difesa)
L’iter dell’atto depositato sul Portale è descritto dall'art. 19, comma 13, delle specifiche tecniche DGSIA 2 agosto 2024, secondo il quale, testualmente, «I possibili valori di stato del deposito sul PDP sono:
a) INVIATO: eseguita con successo l'operazione di “Invio” (e il portale genera la ricevuta di corretto invio);
b) IN TRANSITO: in attesa di smistamento al sistema informativo dell'ufficio giudiziario destinatario (…);
c) ACCETTATO (automaticamente o a seguito di verifiche ove previste): intervenuta associazione dell'atto inviato al procedimento di riferimento. L'associazione è automatica nel caso di coincidenza tra i dati inseriti sul PDP ed i dati di registro del procedimento penale e, quando previsto, in presenza dell'atto abilitante di cui all'articolo 19, comma 5. L'associazione è ad opera del cancelliere o del segretario qualora, dopo le verifiche, sia stato individuato univocamente il procedimento di riferimento. Nel caso di denuncia, di querela e di istanza di procedimento, l'accoglimento equivale al ricevimento nel ReGeWeb da parte della procura della Repubblica8;
d) IN VERIFICA: anomalia bloccante, il deposito è pervenuto nel sistema dell'ufficio giudiziario destinatario ma non essendoci coincidenza di dati non è stato automaticamente associato ad un procedimento ed è sottoposto a verifiche da parte del personale dell'ufficio;
e) RIFIUTATO: anomalia bloccante; rifiuto del deposito successivo alle verifiche automatiche e ad opera del personale dell'ufficio; la motivazione è riportata sul PDP;
f) ERRORE TECNICO: anomalia bloccante; si è verificato un problema in fase di trasmissione; il difensore è invitato dal messaggio di stato del PDP ad effettuare nuovamente il deposito».
Notiamo come si tratti di disposizioni che non hanno una evidente capacità esplicativa, in primis perché la “anomalia bloccante” non viene definita se non in termini generici e non del tutto convincenti (ribadiamo quanto appena detto sopra circa il deposito degli “atti successivi”). Del resto, lo stesso DGSIA ha sentito la necessità di emanare, al riguardo, la ricordata nota del 19 settembre 2024, a sua volta dai contenuti non proprio risolutivi.
In ogni caso, il percorso dell'atto depositato dovrebbe essere il seguente.
Una volta che l'invio sia andato a buon fine (“correttamente inviato”), l'atto viene trasmesso dal sistema PDP al sistema dell'ufficio destinatario (“in transito”) e nel momento in cui vi perviene può essere accettato automaticamente (“accettato”) oppure può essere automaticamente rifiutato (“rifiutato”), oppure – terza opzione – può essere sottoposto a dei controlli da parte della segreteria o della cancelleria (“in verifica”), all'esito dei quali può essere “accettato” o “rifiutato” definitivamente. E in un qualunque momento dell'iter può verificarsi un “errore tecnico” – dunque, un problema di funzionamento del sistema informatico del Ministero – con necessità di procedere ad un nuovo deposito (e relativo avviso al difensore).
E' ovvio che tutto ciò pone questioni giuridiche non di poco conto.
Innanzitutto, con riguardo agli errori tecnici “fatali”, rileviamo che l'avvocato li subisce – visto che, per definizione, non dipendono da lui –, e non può far altro che subirli, con potenziali conseguenze nefaste per l'esercizio dei diritti di difesa. Inoltre, è del tutto lecito domandarsi se sia possibile consentire che un sistema informatico, per ragioni del tutto imperscrutabili, rifiuti un atto già inviato dal difensore al Portale costringendolo ad un nuovo deposito. E poi, che vuole dire “rifiutare”? E' una nuova forma di inammissibilità? E' una inedita figura di invalidità sub specie di irricevibilità?
Quanto alle altre anomalie bloccanti, anche ammettendo per un attimo che la loro definizione sia puntuale, non si può fare a meno di notare che alcune comportano il rifiuto automatico dell'atto da parte del PDP; altre, invece, determinano l'invio dell'atto all'ufficio per una verifica di “conformità” del deposito, ad opera di una persona in carne e ossa. E non si sa affatto da cosa dipenda questa sorte alternativa dell'atto.
Possiamo poi immaginare che nel caso in cui il rifiuto dell'atto per anomalia bloccante consegua alle verifiche automatiche del sistema, il tutto si consumi in pochi secondi, come è proprio dell'informatica, e che pertanto, il difensore abbia un riscontro pressoché istantaneo dell'esito negativo del deposito e possa subito tentare di ripeterlo nella speranza di un approdo diverso.
Ma quando l'atto depositato va “in verifica” entro quanto tempo questa si deve esaurire? Quanto a lungo il difensore deve restare in attesa di sapere se è tutto a posto oppure no?
Si tratta, ovviamente, di problemi reali, di grande impatto pratico, anche perché, come è noto ai più (ma forse non ne ha tenuto conto chi ha realizzato il Portale), il processo penale è pieno di termini perentori.
La normativa tecnica non impone nulla alle segreterie e alle cancellerie, lasciando totalmente al caso la durata delle operazioni di controllo, e questa è – in tutta evidenza – una lacuna enorme quando il deposito dell'atto è – per l'appunto – soggetto a decadenza, perché l’art. 172, comma 6 bis, c.p.p. – che, peraltro, si occupa di termini processuali e non di depositi – considera il deposito telematico effettuato solo nel momento in cui il sistema informatico (automaticamente), oppure la segreteria o la cancelleria procedono all'ACCETTAZIONE dell’atto, e NON nel momento in cui il difensore ha effettuato l’INVIO (ancorché “corretto”). Ragion per cui, fino alla conclusione positiva del suo iter, il deposito tramite PDP è tamquam non esset.
Insomma, quando il deposito va “in verifica”, l'ufficio può accettare l’atto o rifiutarlo. Se lo accetta, nulla quaestio; se lo rifiuta possono determinarsi situazioni irrimediabili per la difesa.
E alla fine una domanda aleggia su tutto: è possibile attribuire ad un cancelliere il potere di rifiutare il deposito di un atto consegnato al Portale dal difensore?
4) Una ragionevole pronuncia della Corte di cassazione
Veniamo, quindi, alla nostra impugnazione, che avevamo lasciato in sospeso all'inizio di queste riflessioni.
Come si è accennato, ai tempi del cartaceo anche se si depositava una impugnazione fuori termine o – per fare un'ipotesi limite – non sottoscritta nell’originale, non era certo la cancelleria a poterla dichiarare inammissibile. Solo il giudice aveva il potere di farlo, e il suo provvedimento, ovviamente motivato, era, altrettanto ovviamente, impugnabile.
Ora, invece, le cose stanno diversamente, visto che non esiste alcuno strumento per contestare direttamente, dinanzi ad una istanza superiore, il rifiuto dell'atto, con “motivazione informatica”, da parte del Portale o della cancelleria.
E se la colpa del qui pro quo informatico è della cancelleria o del sistema informatico e non del difensore, che succede? E' infatti accaduto, per esempio, che la segreteria del PM e la cancelleria abbiano confuso, ed erroneamente invertito, nel ReGeWEB, il nome e il cognome di indagati/imputati stranieri, con conseguente impossibilità per i difensori di depositare atti tramite PDP.
Una situazione simile a quelle sopra prospettate è stata trattata dalla Cassazione (Cass., sez. II. 30 gennaio 2025, n. 9958).
Nel caso di specie il difensore aveva depositato tempestivamente sul portale un ricorso avverso una sentenza della corte di appello di Catania. Spirati i termini per l’impugnazione, la cancelleria gli aveva rifiutato il deposito, non risultando – non si sa per quale ragione – il numero di R.G.N.R. nei registri informatici9.
Vistosi rifiutato il deposito, il bravo collega ne ha effettuato uno nuovo – ovviamente, tardivo – con istanza di restituzione nei termini ex art. 175 c.p.p.
La Suprema Corte ha valorizzato, intelligentemente, la tempestività del primo deposito e, riconosciuta la causa di forza maggiore, ha rimesso in termini il collega e si è pronunciata sul ricorso (ri)depositato e, peraltro, lo ha accolto.
Il principio affermato dai giudici di legittimità è condensato nella seguente massima: «La tardiva comunicazione del mancato perfezionamento del deposito telematico dell'atto di gravame costituisce causa di forza maggiore idonea a restituire nel termine per proporre impugnazione».
Vorremmo dire: tutto è bene quel che finisce bene, ma non è affatto così.
Se vi è stata restituzione nel termine significa che il primo deposito (quello tempestivo) non è stato ritenuto regolare, in ossequio proprio all’art. 172, comma 6 bis, c.p.p., in forza del quale il deposito si ha per avvenuto non con l’invio dell'atto sul Portale, ma con l’accettazione da parte del PDP o dell'ufficio destinatario, a seconda di come si sviluppa in concreto il percorso dell'atto depositato.
Di fatto questo significa che siamo nelle mani del sistema informatico e delle cancellerie. In ragione di cosa l’uno e le altre decidano se accettare o rifiutare un atto è, però, un dato connotato da scarsa oggettività, e a noi, in tutta franchezza, questa nuova “alea informatica” non piace per nulla.
5) Considerazioni, dubbi e auspici a chiusura
Diciamo come stanno le cose: mentre il deposito degli atti penali tramite le caselle di posta elettronica certificata create dal Ministero risultava facile, pratico, rapido e sicuro, il deposito degli atti tramite Portale è incerto e farraginoso e, allo stato, nemmeno utile visto che gli avvocati – incredibilmente ritenuti dal Ministero “soggetti esterni” al processo – del famoso fascicolo penale telematico non vedono un bel nulla; neppure gli atti che loro stessi hanno depositato.
Si tratta di una stortura che, forse, verrà corretta nei mesi a venire, ma resta il problema di fondo di questi anni: tutto è diventato troppo difficile e i benefici di queste riforme informatiche sono ben lungi dall’essere evidenti. La forma ha preso il sopravvento sulla sostanza, la difesa penale si scontra con ostacoli nuovi, estremamente tecnici, stabiliti, peraltro, non dal Parlamento ma da un funzionario del Ministero o da un ignoto informatico che compila, per conto del primo, i codici binari di programmi e portali che non hanno alcun senso.
Sarà tutto a norma di legge, per carità, ma non funziona niente lo stesso. E qualche perplessità, per vero, si potrebbe avere anche sulla legittimità delle previsioni di cui si è discusso fin qui.
L'art. 111 bis, comma 1, c.p.p. stabilisce che «(...) il deposito di atti, documenti, richieste, memorie, ha luogo esclusivamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione degli atti e dei documenti informatici».
Ebbene, tale disposizione autorizza senz'altro le fonti secondarie (decreti ministeriali e norme DGSIA) a disciplinare la materia, ma fino a che punto? Se si considera che già di per sé l'avverbio “esclusivamente” utilizzato dall'art. 111 bis, comma 1, c.p.p. è ben lungi dall'equivalere a “a pena di inammissibilità” (lo ha chiarito – per fortuna – la Corte di cassazione a proposito delle attività di deposito di atti in formato analogico che devono tutt'ora ritenersi consentite in udienza, a cominciare dalla costituzione di parte civile10), allora davvero ci si deve chiedere se le fonti secondarie possano istituire, di fatto, ipotesi di inammissibilità del deposito degli atti tramite PDP non previste espressamente dal codice di procedura e originate da un potere incontrollato e insindacabile di un funzionario di cancelleria (o, peggio ancora, da un computer). Tutto ciò è compatibile con la gerarchia della fonti su cui si regge il nostro ordinamento giuridico? Ed è compatibile con l'art. 24, comma 2, della Costituzione?
Ci sembra di assistere ad un fallimento del principio di legalità. Il processo penale sta diventando una sorta di rappresentazione bidimensionale della realtà in cui abbiamo perso l’unica dimensione che contava per davvero: quella umana. Già il processo penale è una “liturgia” complessa in sé i cui singoli passaggi fatichiamo a spiegare ai nostri stessi assistiti; se l’accesso allo stesso deve diventare un qualcosa di imperscrutabile ed aleatorio crediamo che il futuro che ci aspetta sarà tutt’altro che roseo. L’auspicio è che, a giugno del 2026, ricevuta l'ultima tranche dei fondi del PNRR, si faccia una onesta riflessione generale e una decisa retromarcia che reintroduca le norme sui depositi in vigore prima della riforma Cartabia.
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1) Purtroppo ciò accade, e più spesso di quel che si potrebbe pensare; allora le segreterie o le cancellerie talvolta mandano i famosi “ticket” ai tecnici del Ministero della Giustizia, confidando che in tempi più o meno rapidi sistemino il guaio. E in concreto accade pure che l'avvocato che ha segnalato agli uffici il problema e, magari, ha sollecitato via mail l'assistenza, non riceva alcun riscontro circa gli sviluppi dell'intervento, entro i termini in cui doveva depositare l’atto per cui il “ticket” è stato aperto.
2) Lo riportiamo con questo link perché non è facilissimo da trovare neppure sul sito del Ministero: Specifiche_Tecniche_PPT_11.07.2023_post_DM_2023_signed.pdf
3) Disponibile nella home page del Portale Deposito atti Penali del PST, sezione "Informazioni". Per accedere: Microsoft Word - PDP-MU-1.0-20250722 Portale Deposito atti Penali v.5.7.5.docx
5) Ministero della giustizia | Circolare 6 settembre 2024 - Dipartimento per l'innovazione tecnologica della giustizia - Nuove specifiche tecniche ex art. 34 del d.m. 21 febbraio 2011, n. 44 – Modifica dei sistemi civili e penali – Efficacia
8) Così, per effetto dell'avviso di rettifica del DGSIA del 30 ottobre 2024. Nella versione originaria, la norma recitava: «(...) l'accoglimento equivale al ricevimento ed iscrizione del procedimento nel ReGeWeb da parte della procura (...)».
9) Appare ovviamente sconcertante che il numero di R.G.N.R., che non cambia in tre gradi di giudizio, non comparisse nei registri della cancelleria, ma così va la realtà.
10) Cass., sez V, 6 maggio 2025, n. 24708.
Disclaimer: Il presente contributo è frutto esclusivo delle analisi, delle riflessioni e delle opinioni dei redattori, senza alcuna pretesa di esattezza e di esaustività; pertanto, chiunque sia interessato all'argomento, in particolare per ragioni professionali, è invitato ad approfondire e verificare personalmente i temi trattati.


